giovedì 5 giugno 2008

«’Ndrangheta, la più pericolosa»

L’analisi di Maroni alla presentazione
del libro di Forgione sulla mafia

«Altro che mafia di serie B, la ndrangheta è una delle organizzazioni criminali più pericolose del mondo; per troppo tempo si è pensato che fosse una cosa folkloristica, legata ad antichi riti», ha ammesso il ministro degli Interni Maroni, alla presentazione di “’Ndrangheta, boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo”, libro di Francesco Forgione, basato sui dati della prima relazione parlamentare che ha trattato il fenomeno criminale calabrese.
«E’ un libro bellissimo, se non fosse per la sua cruda tragicità, sembrerebbe un romanzo di Grisham», ha commentato il ministro, aggiungendo anche che, «sarebbe bene che fosse adottato nei licei accanto ai Promessi Sposi, ma non solo in quelli del Sud, anche al Centro e al Nord».
Nell’immediato futuro la linea di intervento del governo sarà quella di «colpire con più efficacia i patrimoni della ’ndrangheta», ha spiegato il ministro, «ci sono già nel pacchetto sicurezza delle norme in questo senso, ma si potrebbe anche aggiungere la creazione di un’agenzia nazionale dedicata solo alla confisca e alla redistribuzione a scopo sociale dei beni mafiosi, togliendo questo ambito di gestione al Demanio». «Stiamo studiando - ha detto Maroni - un intervento per rendere più efficaci i controlli sul porto di Gioia Tauro». Alcune volte - ha aggiunto - sono state notate operazioni che hanno consentito alla ’ndrangheta di sbarcare nel porto di Gioia Tauro container contenenti droga: bisogna spezzare questa catena».
Più attento agli equilibri politici e sociali del territorio, si è dimostrato Marco Minniti, «assistiamo al rischio di emarginazione per la Calabria; per la prima volta nella storia repubblicana nel governo non ci sono rappresentanti calabresi, e questo può favorire una rimonta culturale della ’ndrangheta». Secondo il ministro-ombra in Calabria, «c’è bisogno, in alcuni territori, di riaffermare la sovranità nazionale dello Stato, sul potere di controllo della ’ndrangheta». Minniti poi colpisce un punto nevralgico, «se vogliamo sconfiggere la ’ndrangheta dobbiamo isolarla e recidere ogni rapporto con la politica, ma è la politica che se ne deve fare carico in prima persona». Sull’esempio della Sicilia ci vorrebbe, ha aggiunto Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, «una sollevazione della società civile, in Calabria si sta respirando la stessa aria che c’era in Sicilia negli anni ’70 e ’80». La differenza più importante tra Cosa nostra siciliana e la ’ndrangheta attuale, «è nel controllo della rete di distribuzione della droga», ha spiegato il procuratore, «per cui anche in paesi lontani del mondo abbiamo dei calabresi che hanno contatti diretti con i produttori e poi gestiscono direttamente il traffico, verso l’Italia ma non solo». Il vero salto di qualità, secondo Grasso, «è il fatto che la’ndrangheta abbia differenziato i percorsi; i soldi non seguono lo stesso canale della droga, e per questo sono più difficili da rintracciare».
L’analisi di Grasso però va oltre i dati giudiziari e investigativi, «penso che, solo con il carcere, non si riuscirà a vincere questa lotta, c’è un problema della società civile al Sud, che è abituata da troppo tempo a una politica clientelare, ci vorrebbe un serio processo di riforma sociale per sconfiggere la ’ndrangheta».
L’autore Francesco Forgione ha ribadito l’importanza di «tenere alta l’attenzione su questo fenomeno criminale, anche da parte dei media; si è parlato tanto di Duisburg e poi arresti eccellenti come quello del boss Nirta, conquistano poco spazio sui grandi giornali».
Il libro, che verrà tradotto anche in Spagna e in Germania, «mostra una fotografia della situazione presente sul territorio calabrese, con mappe e un elenco alla fine con nomi e luoghi; ho cercato di aiutare il grande pubblico a penetrare un fenomeno complesso come quello della ’ndrangheta, anche dal punto di vista storico».
Il consiglio che l’autore dà al governo è «non tralasciare la ’ndrangheta per la filosofia delle emergenze, perché anche negli anni 70, quando lo Stato era concentrato completamente sulla lotta al terrorismo, lasciò campo libero alla mafia siciliana che usò quegli anni per consolidarsi e diventare più potente». Di letteratura sulla ’ndrangheta, «ne abbiamo ancora troppo poca», ha commentato Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno a cui Forgione ha dedicato molte pagine, «si conosce ancora troppo poco la ’ndrangheta, soprattutto a livello nazionale, anche se si è ramificata in tutto il mondo».

Fonte: calabria ora del 04/06/2008

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