martedì 6 luglio 2010

Otto anni di fallimenti (e falliti)

Da Falcone a Nicotra solo delusioni

Sono passati otto anni e due amministrazioni politiche si sono alternate. Dopo anni di promesse il nostro paese rimane ancora fermo. Nessuna crescita né economica né turistica né in nessun altro settore.

La differenza tra le due amministrazioni comunali sta solo nel dove siedono i consiglieri, chi prima alla maggioranza ora all’opposizione e viceversa.

Tutti hanno promesso progetti per il rilancio del paese ma si sono limitati solo alle promesse. L’ascensore Castello-Marina è ancora fermo, le strade del centro storico sono prive di una pavimentazione e distrutte, la Piazza è stato un cantiere aperto in vista delle elezioni regionali (meglio non parlare del pessimo gusto di usare pavimentazioni diverse). Mancano trasporti pubblici, da anni è ferma la realizzazione del lungomare Marina–Seggiola (ogni tanto spunta qualche nuovo progetto tipo porti turistici e grotta azzurra ma il lungomare continua a restare fermo). La spiaggia della marina sparisce, e non solo questa, e nessuno interviene per fare uno studio delle correnti marine e progettare un piano di rinsabbiamento delle coste pizzitane. Non esistono progetti per nuovi parcheggi, mentre quei pochi posti auto che abbiamo sono stati convertiti in strisce blu.

I nostri amministratori hanno trasformato Piazza della Repubblica (area di attrattiva turistica e di passeggio) in un parcheggio. Ormai da parecchi anni, per accontentare il sig. Toscano, Piazza Musolino (fronte castello, unico posto dove potrebbero parcheggiare i residenti del centro storico) viene concessa a questi che ne fa lo spazio aperto del suo ristorante: è l’unico caso in cui si verifichi che i privilegi del singolo e del privato prevalgano sugli interessi del pubblico e dei cittadini.

Il commercio ormai é inesistente e i corsi Garibaldi e S. Francesco si trovano con la metà degli esercizi commerciali rispetto a dieci anni fa. Nessuno si preoccupa di sviluppare un piano per lo sviluppo del commercio.

Sia la sinistra che l’UDC si sono solamente preoccupati di cementificare. Hanno creato interi quartieri e palazzoni in stile “Corviale” di Roma.

Non esiste una Biblioteca e non esistono eventi culturali (le uniche attività sono il cineforum e il festival del cinema curate dal Circolo della Lanterna Magica) perché le amministrazioni preferiscono destinare i fondi ad altro. Ci si preoccupa di finanziare solo sagre del pesce e della salsiccia per accontentare gli amici che devono mangiare (non mi riferisco agli alimenti) in questi eventi.

Le preoccupazioni che sono rimaste ai politici pizzitani sono: cementificazione, costruzione di villaggi (queste due cose magari in modo abusivo) e utilizzazione dei successi elettorali conseguiti a Pizzo solo come rampa di lancio per una personale carriera politica che possa arricchire le loro tasche.

domenica 30 maggio 2010

La nascita della non politica

Con l’arrivo di tangentopoli cambia il volto della politica italiana. Il biennio 1992-1994 vede un radicale cambiamento del parlamento, partiti storici escono dalla scena politica italiana e nuovi movimenti politici entrano per la prima volta in parlamento.

DC, PSI, PSDI, PLI e PRI: alcuni di essi spariscono, altri si ridimensionano. Ciò che prima governava l’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale si trova all’opposizione o fuori dal parlamento.

Nasce Forza Italia e arriva in parlamento la Lega Nord, il MSI diventa Alleanza Nazionale e per la prima volta arriveremo ad un governo con dei ministri di destra (o come alcuni dicono: “fascisti”). Sparisce il Partito Comunista Italiano che si trasforma in PDS e per anni i partiti che si rifanno direttamente al comunismo non approderanno al governo o avranno ruoli del tutto marginali.

Ma oltre ai cambi di sigla e di politica cosa cambia nella nostra politica?

Cambia un aspetto, secondo me, non da poco: il rispetto. Viene meno il rispetto verso le istituzioni, verso l’avversario politico e verso la politica. La società civile italiana non ha più rispetto verso le istituzioni che governano e amministrano l’Italia. Questa mancanza di rispetto avviene quotidianamente su tutti i media.

Ma i primi a dare il cattivo esempio sono i politici. La seconda repubblica ci regala insulti, schiaffi e sputi. Risse in parlamento con lanci di oggetti, esposizioni di maglie e striscioni con slogan e insulti verso l’avversario, mortadelle volanti per palazzo Madama. Poi arriveremo a crisi di governo perché portaborse e portavoce vengono beccati per strada con trans, così come presidenti di regione che si dimetto per video e festini sempre con trans. Parlamentari che sniffano cocaina, festini in palazzi di governo e viaggi in giro per il mondo a spese dello stato. Gli scandali da che erano alleanze trasversali diventano scandali rosa… Ma gli Italiani volevano proprio questo come seconda repubblica?

Da mani pulite le speranze di una Italia migliore sembra sparire.

Dobbiamo aspettare una seconda rivoluzione (se cosi possiamo chiamare “mani pulite”)? Magari culturale e non che venga dalle camere dei tribunali.

sabato 8 maggio 2010

Il Paese di Bengodi

Ultima tornata elettorale prima di una lunga pausa. Le regionali sono l’esame per molti partiti, piccoli e grandi. Affermazioni e speranze: c’è chi vuole affermarsi, chi spera di crescere e chi cerca il riscatto.

Dopo tante difficoltà tutti i partiti arrivano al giorno delle elezioni: liste presentate in ritardo, decreto interpretativo, firme e simboli. Le difficoltà di questa tornata elettorale si ricorderanno a lungo.

Prima del voto tutti sono sicuri di vincere e dopo il voto tutti hanno vinto… ecco il nostro paese, la nostra politica e i nostri politici e la sua classe dirigente. L’Italia è un Paese felice; tutti vincono e mai nessuno perde. Il centro-destra ha vinto perché passa da 2 regioni a 6. Il centro sinistra ha vinto perché conferma 7 regioni contro le 11 di 5 anni fa. La Lega Nord vince perché per la prima volta governa due regioni. Fini idem (Calabria e Lazio) o almeno così si dice… all’opinione pubblica fanno passare il messaggio che Scopelliti e la Polverini rispondo alla politica e alla persona di Fini. La sinistra estrema vince perché conferma Vendola governatore in Puglia. L’UDC ha vinto perché in 8 regioni su 13 entra nei consigli regionali (partecipando in alcune regioni con il centro-sinistra e in altre con il centro-destra, ma tutto sommato la coerenza può perdere…). L’IDV vince perché conferma i voti acquisiti nell’anno precedente. Potrei continuare con i partiti minori ma cambieremmo solo la sigla, il risultato non cambia, anche loro hanno vinto. Tutti hanno vinto e nessuno ha perso. Questo è quello che ci hanno detto e descritto i politici o presunti tali.

La mia visione è che l’unico partito ad aver vinto è la Lega Nord e che questo turno elettorale è una bella lezione a tutti i politici e politologi che pensano che l’Italia e gli italiani accettino e vogliano il bipartitismo. Lo hanno dimostrato il PDL e il PD che in politica 2+2 non è uguale a 4.

Non si può fare la somma di due partiti: L’Unione (cartello elettorale tra DS e Margherita) dal suo risultato elettorale del 2006, con il 31,2% è passato al 26% come partito unico (PD) sia alle elezioni europee 2009 che alle regionali 2010; il PDL nel 2006 aveva un potenziale del 36% sommando il 23,7% di Forza Italia e il 12,3% di Alleanza Nazionale ed oggi come partito unico (PDL) si ritrova con il 26,7%. Chi ci guadagna è la Lega Nord e IDV: avere due grossi partiti in contrapposizione porta gli italiani a votare partiti minori e ciò deve far pensare a quanto gli italiani non vogliano il bipartitismo. Questi partiti non sono fondati su ideali e basi solide ma su personalismi e giochi di potere. Nell’unirsi invece che mantenere il buono di uno e dell’altro, finiscono con diventare un ibrido tra due partiti che portano come bagaglio culturale tutto quello che andrebbe eliminato in questa fusione.

Altro dato rilevante è il calo di affluenza: dal 72% al 64%. Gli Italiani hanno deciso che non vogliono questa classe politica a rappresentarli. Questo è il risultato elettorale più importante e che va sottolineato. La classe politica si deve candidare a rappresentare il popolo e non deve avere come unico scopo l’arricchimento delle proprie tasche. Trovando questo risultato elettorale, sia destra che sinistra, dovrebbero allarmarsi e iniziare a fare un mea culpa analizzando seriamente il proprio operato.

La mia è una analisi probabilmente opinabile ma certamente io ho fatto una analisi sul voto più veritiera di quella propinataci in questi giorni, ho espresso un pensiero su quello che è il problema del bipartitismo, problema del quale molti si sono lamentati in passato e ora tacciono. Il silenzio e il buonismo certamente fa bene solo a questa politica, a chi non vuol fare il bene del Paese e per chi interpreta il proprio mandato parlamentare invece che per rappresentare il popolo e combattere per migliorare la propria terra, interpretano il proprio mandato come un’occasione per riscattarsi socialmente e arricchirsi a danno dei poveri. Lo stato di politico non è altro che il raggiungimento di uno status che esenta da responsabilità, oltre che politiche e legali anche etiche. Il Paese di Bengodi, ecco cos’è la nostra Italia oggi.

sabato 13 febbraio 2010

LA STORIA NEGATA


Foibe. Un termine a molti italiani sconosciuto. Ricordo il mio primo articolo dove citai le foibe, un articolo del 2004, molti mi chiesero cosa significasse, e cosa intendevo con il termine “infoibare”. Oggi nel 2010, dopo varie manifestazioni e documentari trasmessi in TV, dopo varie discussioni e interventi, a volte anche istituzionali, le Foibe entrano nel vocabolario italiano, nel linguaggio comune. Purtroppo, questi termini e queste pagine di storia entrano nel linguaggio comune senza che ci sia ancora la coscienza di cosa sia stato questo fenomeno, evento, delle Foibe. Una storia d'Italia omessa per più di mezzo secolo, una pagina di storia strappata dai libri e riattaccata solo oggi. Un risultato ottenuto dopo anni e anni di lotte ma ancora non vi è una piena coscienza su quanto sia triste e orribile questa parte della storia italiana.
Non voglio fare paragoni con quanto successo nel novecento o con altri fatti storici, ma non è accettabile che le vittime delle guerre di altri stati abbiano cerimoniali e propaganda che durino mesi e i nostri martiri italiani vengano considerati morti di serie B.
Fiumani, Istriani e Dalmati considerati cittadini, anzi, essere umani di serie B solo perché di nazionalità Italiana e quindi torturati, seviziati e infoibati. Uccisi per la seconda volta quando la nostra memoria nega loro il giusto ricordo e il giusto riconoscimento.
Si parla tanto di nazionalismo e senso di appartenenza alla nostra terra e alla nostra nazione, tutti fieri di essere italiani e fieri di far parte di questo popolo, proprio come i Fiumani, Istriani e i Dalmati; prendiamo come esempio di eroismo chi ha combattuto per la nostra terra, chi è caduto per la nostra nazione e non prendiamo come esempio di eroismo proprio loro, gli italiani al confine orientale, che sono caduti e morti perché non hanno rinnegato e tradito l'Italia.
La questione orientale del confine italiano, così come definisce questa parte di storia Sabbatucci (storico e docente di storia), è un fenomeno complesso che non è figlio della seconda guerra mondiale, ma generato dall'odio verso il popolo italiano.
Le mire conquistatori dei comunisti di Tito disegnarono una pulizia etnica come unico metodo di conquista delle terre italiane.
Queste terre italiane, sia per conformazione geografica che per cultura, hanno visto tanto sangue scorrere per colpa dell'odio comunista nei confronti del popolo italiano. Ora la politica e le ideologie devono mettersi da parte e lasciare queste pagine alla storia, per far si che ci sia una storia non faziosa o con vizi per fare favori a partiti politici o a ideologie.
Queste pagine di storia devono essere scritte per le generazioni future e per onorare e ricordare i martiri, queste pagine non devono tralasciare nulla.
Il popolo italiano deve sapere tutto quello che è successo durante la seconda guerra mondiale e nel dopoguerra. Gli italiani devono sapere che le Foibe non sono solo cavità carsiche ma anche le tombe per migliaia di Italiani che venivano gettati vivi in queste profonde cavità del terreno. Gli italiani devono sapere che in Dalmazia gli italiani venivano fatti affogare nel mare adriatico con un sasso al collo. La questione orientale deve essere sviscerata e portata alla luce.
La Storia Italiana è lunga e complessa, e a quelli che accusano i nostri fratelli italiani dell'altra costa adriatica di essere stati dittatori o tiranni rivolgo l'invito a leggere, a studiare la storia Istriana e Dalmata, a informarsi e a conoscere la politica d'integrazione di Bajamonti, podestà di Spalato, a conoscere la storia di Nazario Sauro che diede la propria vita combattendo quotidianamente affinché i popoli dell'Adriatico avessero la loro libertà e indipendenza, consiglio di studiare Niccolò Tommaseo e capiranno quanto è forte la cultura italiana. Mi fermo qua con gli inviti, perché l'elenco è lungo e questo è solo un blog.
Non chiedo che un sentimento revanscista porti a nuove guerre in cerca di rivalsa, ma che la storia venga scritta evidenziando tutti gli eventi e i fenomeni, pagine di storia scritte senza vizi e/o omissioni; non chiedo solo che la storia venga riscritta, ma che venga fatta conoscere tutta.

sabato 16 gennaio 2010

Rosarno

Ndrangheta, razzismo o altro?

Una guerriglia urbana colpisce un piccolo paese della provincia di Reggio Calabria; paese del quale mai nessuno aveva sentito parlare prima; paese del quale nessuno si è mai preoccupato di capire quali siano i problemi che colpiscano questa comunità. Circa due mesi prima, il comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose ma nessuno ha detto, commentato o fatto niente.
Il 7 gennaio i media fiutano la notizia che gli permetterà di parlare per parecchi giorni, ancora una volta, di un evento che non interessa loro; interesse legato solo ed esclusivamente alla voglia di andare in TV e non a quell'interesse di diffondere la notizia. La solita mancanza di professionalità che porta i media a distorcere la verità pur di continuare a parlare e fare ascolti.
Tutto questo non dovrebbe mai succedere, la missione dei giornalisti deve essere la ricerca della verità e non quella di falsare e/o alterare la realtà dei fatti.
Ecco quello che è successo a Rosarno, non più grave di quello che la guerriglia urbana ha portato ma non da meno per gravità; oltre a violare i principi del giornalismo e l'aver tradito ancora una volta la fiducia dei cittadini che ascoltano notizie che non rispecchiano la verità.
Una guerriglia urbana ha colpito questo piccolo paese di 15000 abitanti circa. Paese sconosciuto ai molti, ma è bastato un evento, che si ripete in altri posti d'Italia, per attirare l'attenzione e far tessere trame dando il via alla fantasia dei giornalisti (mi limito a questo per commentare i giornalisti) che ancora una volta hanno avuto la possibilità di dare del mafioso alla Calabria. Quanto accaduto non è altro che l’occasione per i media e parte dell’Italia di dipingere la Calabria come una terra in mano alla illegalità e all’inciviltà.
Quanto successo a Rosarno è un evento non legato, come molti erroneamente pensano, alla ndrangheta, mafia, criminalità organizzate, sfruttamento o razzismo, ma un evento legato a un insieme di problemi che nel sommarsi hanno portato al crollo di questa comunità. Sono pienamente convinto che chiunque voglia addossare le colpe dell'accaduto alla ndrangheta o al razzismo faccia bene a non aprire bocca.
Un insieme di difficoltà e problemi che colpiscono tutte le realtà calabresi, ma come al solito il solo e unico problema rimane la ndrangheta. Un problema che purtroppo esiste, che danneggia gravemente tutta la Calabria, ma non solo la Calabria; la ndrangheta opera ed ha interessi in tutta Italia e in gran parte del mondo, ma di questo nessuno sembra accorgersene. Per molti rimane un problema del sud dell’Italia, inconsapevoli che il problema della ndrangheta danneggia e reca danni a tutta la comunità nazionale. La mafia è un problema di tutta la nazione che deve essere risolto nel più breve tempo possibile.
Rosarno, purtroppo, come tante altre realtà calabresi vive solo ed esclusivamente di Agricoltura. Questo settore, insieme con il turismo, è l’unica risorsa per la Calabria.
Per anni lo Stato italiano ha prestato attenzione solo ed esclusivamente all'incentivo dell'industria, e l'aggravante sta sul fatto che gli incentivi hanno riguardato l'industria nel nord Italia.
Quel poco che è stato fatto per il sud è stato solo frutto di una politica clientelare, una politica legata a scambi di favori tra personaggi politici, ovviamente, legati alla ndrangheta. Personaggi politici che formavano una cordata di potere, cordata politica che andava dal partito socialista a quello comunista passando per la democrazia cristiana e i repubblicani.
Passano gli anni, cambiano i partiti ma il sistema rimane immutato. Esiste ancora un gruppo d'affari che sta in tutti i partiti politici con il solo scopo di arricchire il proprio conto in banca (probabilmente all'estero) e i suoi “amici”.
Questi non sono gli unici problemi della realtà locale, influisce e danneggia ancor di più la mancanza di controllo del territorio. Ma per controllo non si deve intendere solo ed esclusivamente la caccia ai boss della ndrangheta, controllo deve essere quotidiano e su tutti gli aspetti: controllare chi assume in modo regolare e chi no, ma non solo sugli immigrati, anche su tutti i cittadini calabresi; la manodopera da dove arriva e se è regolare; serve controllo sulla politica e sulla classe politica; serve controllo sulle amministrazioni pubbliche; e controllo su tutte quelle attività che direttamente o indirettamente possono violare leggi e regole portando ad alterazioni nel sistema sociale che possono solo recare danni. La mancanza di controllo del territorio è il problema del territorio, il tutto accompagnato da un sistema economico, di finanza, di regole del mercato dettate dall'alto senza guardare le realtà locali e senza prevedere un paracadute per chi sta per precipitare sul fallimento a causa di questo sistema.
Ancora una volta problemi che non sono legati esclusivamente al sud, ma problemi che colpiscono tutta l'Italia.
Bisogna capire che la mancanza di regole è un problema per tutti e che non colpisce solo un colore della pelle o solo una parte dell'Italia, ma colpisce tutti.
La Calabria vive questa situazione non per il governo attuale o quello precedente ma per i risultati ottenuti da questa repubblica dal '45 in poi. L'Italia riparte ma mai nel sud. Rosarno rispecchia tutti i problemi che caratterizzano le realtà sociali del sud.
Piccoli imprenditori o agricoltori che hanno voglia di crescere e ingrandire le proprie industrie, ogni giorno devono combattere con mille problemi. Anche assumere una persona diventa un problema. Un'assunzione non è solo il costo dello stipendio da erogare all'assunto, ma si aggiungono tutte le tasse e i costi connessi all’assunzione. Ciò spinge tutti a pagare in nero la manodopera. Nei casi in cui siano tutti regolari, i datori di lavoro, obbligano i lavoratori a firmare una busta paga differente da quello che sarà poi il corrispettivo effettivo (es. i lavoratori firmano una busta paga di 1500€ ma poi percepiscono solo 800€), il tutto accompagnato da un ricatto: i datori di lavoro hanno le lettere di dimissioni già firmate da tutti i lavoratori, questo porta i lavoratori ad accettare questo metodo. Il ragionamento è semplice per i lavoratori che accettano questo compromesso: meglio 800€ per sfamare la famiglia che non lavorare.
Nei casi in cui le aziende assumono extracomunitari in modo irregolare, in nero, sfruttano la situazione dell’irregolarità ricattando con la denuncia e la conseguenza espulsione senza nemmeno preoccuparsi di dover ottenere una lettera di dimissioni. Questo è il mercato del lavoro che caratterizza tutto il sud dell’Italia.
A Rosarno si sono aggiunti un’infinità di fattori connessi a problemi sociali e non solo. Qualsiasi sociologo, e non solo, può dirvi che l'innesto di 2000 extracomunitari e/o stranieri in una comunità di 15000 cittadini porta a cambiamenti irregolari e immediati, impedendo quel processo d’integrazione che richiede un periodo di tempo lungo. Forzando questo sistema d'integrazione arriviamo ai fatti di Rosarno, episodi che si sono verificati in tanti altri posti del mondo, ma senza andare tanto lontani: Milano, nel quartiere cinese, un anno fa circa.
Anche se gli immigrati fanno lavoro che gli italiani non vogliono, almeno questo è quello che i media ci dicono, si tratta sempre di lavoro stagionale. Questo significa che gli immigrati in questione lavorano tre mesi l’anno e per i restanti mesi restano a girovagare nel paese vagabondando. Non sono miei pensieri frutto di razzismo, ma la realtà dei fatti. Con questo non voglio criminalizzare tutti gli immigrati, ma la cronaca italiana ci porta tanti esempi di atti criminali portati a compimento da immigrati irregolari.
Ecco perché in Italia serve urgentemente una politica per l'immigrazione, una politica che porti ad una immigrazione che sia graduale, una politica che permetta l'inserimento di un numero di immigrati che l'Italia può accogliere.
Per avere un’integrazione serve che gli immigrati abbiano la possibilità di trovare un lavoro e una abitazione decente. L’immigrazione non deve essere libera e incontrollata ma un’immigrazione ponderata su necessità e possibilità del paese ospitante.
A Rosarno siamo arrivati al collasso della società.
I gesti criminali fatti nei confronti dei cittadini rosarnesi non sono accettabili. Le testimonianze dei cittadini che sono costretti a restare chiusi in casa la sera perché bande ubriache li intimoriscono sono la prova di una situazione inaccettabile.
I ragazzi che hanno pensato di fare giustizia “fai da te”, organizzando un raid notturno contro quei criminali che intimoriscono la cittadina e che derubano auto e negozi è un atto ugualmente criminale, ancora di più dal momento che abbiamo delle forze di polizia.
La “rivolta dei neri” non è per nessun motivo al mondo accettabile: hanno distrutto balconi e auto, hanno aggredito una donna con i suoi due figli incendiando la sua auto, tutti gesti criminali da condannare fortemente.
Non è accettabile il comportamento di questa comunità ospite in una nazione ospitale con loro, che gli dà lavoro, e contro una comunità che la domenica condivide il pranzo con loro. Così come gli Italiani, anche gli stranieri devono rivolgersi alle forze di polizia e a tutte le autorità competenti.
Non esiste ndrangheta in quanto successo, ma solo il collasso di una società che convive con tante difficoltà. La ndrangheta è a Reggio, dove mette una bomba al tribunale. La ndrangheta è dietro le minacce e gli attentati ai giudici che combattono quotidianamente. La ndrangheta è dietro le minacce e le bombe alle attività commerciali, dietro le grandi società che nascono solo per riciclare soldi, dietro lo spaccio di droga e armi. La ndrangheta non cerca il pizzo a chi raccoglie le arance ma all’agricoltore che vende le arance.

Daigoro Mazzoleni

mercoledì 11 giugno 2008

La vedova dell’agente Sismi «La Calabria non lo ricorda»

Firenze - Il presidente della Regione Toscana Claudio Martini ha consegnato ieri una medaglia d’oro alla memoria di Nicola Calipari, agente del Sismi ucciso in Iraq nel marzo 2005, alla vedova Rosa Villecco. La cerimonia, cui ha preso parte anche il presidente del Consiglio regionale della ToscanaRiccardo Nencini, segue l’approvazione da parte dell’Assemblea toscana, il 5 dicembre dello scorso anno, di un’apposita mozione. Il documento impegnava la Giunta regionale a intraprendere iniziative istituzionali volte a far conoscere e valorizzare il nome e l’opera di Nicola Calipari. Nell’occasione Martini ha spiegato che «oggi vogliamo sottolineare l’importanza della memoria a breve termine, non dobbiamo ricordare solo i fatti lontani nel tempo, ma anche quelli più vicini. Questo ricordo di Nicola Calipari è poi un modo anche per affermare altri due principi».
«Il primo - ha aggiunto Martini - come richiesto anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è che noi dobbiamo collocarci a fianco delle vittime senza esitazioni. L’altro punto riguarda invece il bisogno di verità che c’è nel Paese, e bisogna lavorare, per quanto ci è possibile, affinché le vicende non rimangano nell’oscurità e nell’indeterminatezza». «Chiedo verità per i miei figli, credo che qualsiasi segreto di Stato debba cadere davanti al diritto dei figli di sapere cosa è successo ». Lo ha detto Rosa Villecco, vedova dell’agente del Sismi Nicola Calipari, intervenendo ieri a Firenze dove ha ricevuto una medaglia d’oro alla memoria del marito dal presidente della Regione Toscana Claudio Martini, alla presenza del presidente dell’Assemblea regionale RiccardoNencini.
La vedova Calipari ha ribadito di non volere vendetta, «ma c’è bisogno di uscire dalle nebbie. Com’è possibile che una commissione amministrativa di un altro Paese possa giudicare e poi noi non si possa avere più nessuna giurisdizione in merito? Un vertice dello Stato - ha aggiunto - mi ha detto che in un’aula giudiziaria non troverò mai la verità. Dove la devo cercare allora? Un Paese deve farsi carico dell’affermazione della giustizia. La memoria è importante non solo per la conoscenza ma anche perché rappresenta un valore - ha aggiunto Rosa Villecco -. In Italia vi sono tante celebrazioni della memoria ma non bastano se non si accompagnano alla trasmissione dei valori ai giovani che non può essere affidata a una fiction diseducativa». Da lei, infine, un ringraziamento alla Regione Toscana e al Consiglio regionale. «La Toscana - ha detto - insieme al Lazio e alla Liguria hanno avuto iniziative per ricordare Nicola, sarà un caso che manchi la Calabria che pure è la mia terra e quella di mio marito?».


Fonte: Calabria Ora del 10/06/2008

giovedì 5 giugno 2008

«’Ndrangheta, la più pericolosa»

L’analisi di Maroni alla presentazione
del libro di Forgione sulla mafia

«Altro che mafia di serie B, la ndrangheta è una delle organizzazioni criminali più pericolose del mondo; per troppo tempo si è pensato che fosse una cosa folkloristica, legata ad antichi riti», ha ammesso il ministro degli Interni Maroni, alla presentazione di “’Ndrangheta, boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo”, libro di Francesco Forgione, basato sui dati della prima relazione parlamentare che ha trattato il fenomeno criminale calabrese.
«E’ un libro bellissimo, se non fosse per la sua cruda tragicità, sembrerebbe un romanzo di Grisham», ha commentato il ministro, aggiungendo anche che, «sarebbe bene che fosse adottato nei licei accanto ai Promessi Sposi, ma non solo in quelli del Sud, anche al Centro e al Nord».
Nell’immediato futuro la linea di intervento del governo sarà quella di «colpire con più efficacia i patrimoni della ’ndrangheta», ha spiegato il ministro, «ci sono già nel pacchetto sicurezza delle norme in questo senso, ma si potrebbe anche aggiungere la creazione di un’agenzia nazionale dedicata solo alla confisca e alla redistribuzione a scopo sociale dei beni mafiosi, togliendo questo ambito di gestione al Demanio». «Stiamo studiando - ha detto Maroni - un intervento per rendere più efficaci i controlli sul porto di Gioia Tauro». Alcune volte - ha aggiunto - sono state notate operazioni che hanno consentito alla ’ndrangheta di sbarcare nel porto di Gioia Tauro container contenenti droga: bisogna spezzare questa catena».
Più attento agli equilibri politici e sociali del territorio, si è dimostrato Marco Minniti, «assistiamo al rischio di emarginazione per la Calabria; per la prima volta nella storia repubblicana nel governo non ci sono rappresentanti calabresi, e questo può favorire una rimonta culturale della ’ndrangheta». Secondo il ministro-ombra in Calabria, «c’è bisogno, in alcuni territori, di riaffermare la sovranità nazionale dello Stato, sul potere di controllo della ’ndrangheta». Minniti poi colpisce un punto nevralgico, «se vogliamo sconfiggere la ’ndrangheta dobbiamo isolarla e recidere ogni rapporto con la politica, ma è la politica che se ne deve fare carico in prima persona». Sull’esempio della Sicilia ci vorrebbe, ha aggiunto Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, «una sollevazione della società civile, in Calabria si sta respirando la stessa aria che c’era in Sicilia negli anni ’70 e ’80». La differenza più importante tra Cosa nostra siciliana e la ’ndrangheta attuale, «è nel controllo della rete di distribuzione della droga», ha spiegato il procuratore, «per cui anche in paesi lontani del mondo abbiamo dei calabresi che hanno contatti diretti con i produttori e poi gestiscono direttamente il traffico, verso l’Italia ma non solo». Il vero salto di qualità, secondo Grasso, «è il fatto che la’ndrangheta abbia differenziato i percorsi; i soldi non seguono lo stesso canale della droga, e per questo sono più difficili da rintracciare».
L’analisi di Grasso però va oltre i dati giudiziari e investigativi, «penso che, solo con il carcere, non si riuscirà a vincere questa lotta, c’è un problema della società civile al Sud, che è abituata da troppo tempo a una politica clientelare, ci vorrebbe un serio processo di riforma sociale per sconfiggere la ’ndrangheta».
L’autore Francesco Forgione ha ribadito l’importanza di «tenere alta l’attenzione su questo fenomeno criminale, anche da parte dei media; si è parlato tanto di Duisburg e poi arresti eccellenti come quello del boss Nirta, conquistano poco spazio sui grandi giornali».
Il libro, che verrà tradotto anche in Spagna e in Germania, «mostra una fotografia della situazione presente sul territorio calabrese, con mappe e un elenco alla fine con nomi e luoghi; ho cercato di aiutare il grande pubblico a penetrare un fenomeno complesso come quello della ’ndrangheta, anche dal punto di vista storico».
Il consiglio che l’autore dà al governo è «non tralasciare la ’ndrangheta per la filosofia delle emergenze, perché anche negli anni 70, quando lo Stato era concentrato completamente sulla lotta al terrorismo, lasciò campo libero alla mafia siciliana che usò quegli anni per consolidarsi e diventare più potente». Di letteratura sulla ’ndrangheta, «ne abbiamo ancora troppo poca», ha commentato Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno a cui Forgione ha dedicato molte pagine, «si conosce ancora troppo poco la ’ndrangheta, soprattutto a livello nazionale, anche se si è ramificata in tutto il mondo».

Fonte: calabria ora del 04/06/2008
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